Un approccio alternativo alla diversificazione

Se sapete di non poter prevedere il futuro, di non poter “misurare il rischio”, a causa del Cigno nero, allora la vostra strategia deve consistere nell’essere contemporaneamente iperprudenti e iperaggressivi  (Nassim Nicholas Taleb)

 

 

Non tutti gli autori si sperticano in elogi sulla diversificazione. Peter Stanyer , nel suo “Conoscere i mercati, i rischi, i rendimenti”, parte da questa interessante considerazione:

 “Diversificare, diversificare!” e’ questa l’esortazione piu’ comune degli asset allocator. In realta’, al momento della predisposizione di una strategia a basso rischio, che dovrebbe sempre rappresentare il punto di partenza per una qualsiasi asset allocation, il primo passo da compiere dovrebbe essere quello di progettare la copertura migliore dei rischi costituendo un unico portafoglio composto da titoli di stato. La diversificazione rappresenta, invece, un passo successivo che coincide con il graduale allontanamento dell’investitore dalla sua “prima copertura”.

Per approfondire bisogna fare un passo indietro, ritornando alle ragioni sottese al concetto di diversificazione. Perche’ si  dovrebbe adottare questa metodica? La risposta usuale fa riferimento alla  gestione del rischio, ovvero all’eventualita’ che i nostri titoli  possano scendere, o persino crollare improvvisamente. Quindi, in ultima analisi,  alla nostra incapacita’ di prevedere il futuro.

Se cosi’ stanno le cose, la diversificazione e’ una risposta  non convincente a un problema reale. Il quesito corretto da porsi  e’: come proteggersi dalle discese, a volte repentine, dei titoli e dei mercati ?

La diversificazione non e’ sufficiente. Gli strumenti piu’ idonei  sono altri: lo stop loss, la vendita allo scoperto, l’acquisto di  opzioni.

Lo stop loss permette di evitare che le nostre perdite superino un certo livello, predeterminato. La vendita allo scoperto e le opzioni consentono di andare al di la’ della mera protezione del patrimonio e  di guadagnare in caso di discesa dei titoli.

Si tratta di metodi che poco sono consigliati al comune risparmiatore. Quando non demonizzati : la strategia ribassista sarebbe addirittura “piu’ rischiosa” di quella rialzista, quando e’ evidente che e’ identica, solo rovesciata. Come se la distanza tra Genova e Savona fosse diversa da quella tra Savona e Genova. Lo short selling, un tempo alla portata dei soli investitori professionali, e’ oggi praticabile, con un comunissimo etf, per importi di poche migliaia di euro. L’utilizzo del future, per importi superiori,  e’  nettamente preferibile per la maggiore liquidità e trasparenza in tutte le fasi del mercato e i costi reali estremamente più competitivi. A scapito  degli  Etf , oltre alla tassazione “demenziale”, la minore liquidita’ .[1]

Il future puo’ essere utilizzato anche come strumento “snello” di copertura per portafogli articolati, ma sostanzialmente “indicizzati”. Si pensi ad un investitore di lungo termine, un cosiddetto cassettista, con un portafoglio composto da eni, generali, unicredit, enel, telecom: in caso di necessita’ anziche ‘ vendere titoli per decine di migliaia di euro (pagando rilevanti commissioni) puo’ “coprire le perdite” di tale portafoglio andando short col future sull’indice italiano (con commissioni assai ridotte). Tale procedura puo’ prevedere una copertura parziale (per esempio 50% o 70% del portafoglio), totale, o persino eccedere il valore del portafoglio, generando un posizionamento complessivo “short” .

In alternativa a queste tecniche, una metodologia piuttosto interessante e’ la strategia barbell (a bilanciere) come descritta da Nassim Nicholas Taleb, che consiste nell’abbinare una forte protezione a una parte largamente preponderante del patrimonio e puntare piccole o piccolissime quote su una serie di  scommesse fortemente speculative, usando per esempio le opzioni.

Per forte protezione Taleb intende titoli di stato, a mio avviso meglio se indicizzati all’inflazione. In alternativa alle opzioni si possono usare certificati a leva.

Un  esempio concreto: il btp Italia e’ stato collocato a 2 o 3 punti di interesse oltre l’inflazione, noi possiamo utilizzare in parte, o in toto, questa quota per acquisti di prodotti con forte leva, ma con perdita potenziale non superiore al capitale  investito (tipicamente opzioni e certificati). Anche sbagliando tutti gli investimenti ci troveremmo comunque con un patrimonio non intaccato, attenzione, in termini reali e non nominali !

Ritengo che i metodi illustrati in questo articolo siano  la migliore risposta alla nostra incapacita’ di prevedere il futuro.

 

[1] Inoltre gli etf short hanno normalmente un’ indicizzazione su base giornaliera che ne distorce l’andamento su periodi  piu’ lunghi.