Le obbligazioni bancarie

Banchiere. Colui che presta il denaro degli altri e tiene l’interesse per sé (John Garland Pollard)

 Le  obbligazioni emesse dalle banche sono tra i  prodotti piu’ in voga  nei  portafogli degli italiani. Uno studio di un organo autorevole e indipendente, quale la Consob, prende in esame più di 12.200 obbligazioni bancarie collocate presso i piccoli risparmiatori tra il 2006 e il 2009, per un totale di 582 miliardi di euro, e le confronta con  i titoli di stato e con più di 600 analoghe emissioni destinate agli investitori istituzionali. [1]

Le «significative carenze cognitive» (circonlocuzione usata nel testo, che tradurrei incompetenza) dei piccoli investitori, accompagnate alle «anomalie nel processo produttivo e distributivo dei prodotti finanziari» – imputabili al sistema bancario – hanno un costo per gli investitori  che la Consob ha quantificato:  le obbligazioni a tasso fisso emesse da banche hanno reso mediamente il  3,4%, contro il 4,9% dei BTp. Nel caso delle obbligazioni a tasso variabile il differenziale è più contenuto: 3,0% per le obbligazioni bancarie e 3,5% per i CcT.

Una differenza che appare ancora più significativa se si considera che la raccolta delle banche italiane ha un alto livello di dipendenza dalla componente obbligazionaria (circa il 40% del totale, il livello più alto in Europa) e i bond bancari rappresentano il 10,8% delle attività finanziarie delle famiglie, percentuale ben superiore  agli altri paesi europei.

Le banche, nel periodo in esame, sono riuscite a finanziarsi con  costi piu’ contenuti dello Stato, a spese di risparmiatori molto poco avveduti e non attenti al rapporto tra rischio e rendimento.

Sulle ragioni di questo comportamento, da parte dei piccoli investitori italiani, gli studiosi della Consob non vanno oltre qualche «congettura», ricorrendo a principi di finanza comportamentale per spiegare le difficolta’ per  il risparmiatore  a cogliere le differenze tra i prodotti che gli vengono proposti, e quindi  «non sempre» sia «in grado di percepire correttamente la relazione rischio-rendimento».  A ciò si aggiunge  una componente psicologica che «gioca un ruolo importante soprattutto nel caso di obbligazioni emesse, e proposte, da banche con le quali si intrattengono rapporti commerciali, che può guidare e distorcere la percezione dello scambio tra rischio e rendimento», spingendo a ritenere più affidabili le informazioni fornite da soggetti (intermediari produttori e/o distributori) ritenuti esperti e di fiducia. A questo si aggiunge  che le banche spesso, per “spingere” i propri prodotti,  non fanno pagare spese per il dossier titoli, se questo contiene solo obbligazioni “della casa”.[2]

Lamberto Cardia, nella sua ultima relazione da Presidente CONSOB, [3] rileva “la presenza, nei portafogli degli investitori retail, di obbligazioni in prevalenza illiquide e talvolta più rischiose dei titoli di stato, senza che tali rischi siano adeguatamente riflessi nel rendimento offerto”. E infatti, solo il 9% (il 30% in controvalore) delle obbligazioni esaminate dagli autori dello studio può contare su un mercato liquido.

Per essere liquide le obbligazioni devono essere quotate sul mercato, e non rimanere confinate allo stretto rapporto tra banca e cliente. Ma questo non sempre avviene. Chi acquista l’altro 91% di bond spesso deve tenerseli fino alla scadenza, o  subire delle perdite, nel caso sia costretto a liquidarli prima del previsto.

Inoltre  capita sovente che vengano proposte in banca obbligazioni in collocamento, quando sul mercato esistono bond dello stesso emittente, con le stesse caratteristiche di garanzia e di durata, a prezzi  inferiori.

Va poi segnalata la notevole presenza di obbligazioni “subordinate”,  che in caso di fallimento vengono rimborsate dopo che sono stati soddisfatti tutti gli altri creditori della banca. Ma non sempre il rendimento recepisce questo maggior rischio. Maggior rischio che si e’ invece concretizzato recentemente , allorche’ la banca olandese Sns e’ stata nazionalizzata e i detentori di obbligazioni subordinate sono stati duramente colpiti.

Va poi controllata l’esistenza di opzioni di riacquisto da parte della banca offerente (opzione call).  Ricordo un collega piuttosto soddisfatto di una obbligazione bancaria a tasso fisso, con un rendimento “interessante”, in un momento di calo dei tassi. Ricordo anche la sua sorpresa, quando si ritrovo’ il controvalore accreditato sul conto, perche’ l’istituto bancario aveva esercitato tale opzione, ricomprandosi il titolo prima della scadenza.

A mio avviso occorre sempre esaminare con attenzione  la documentazione fornita , per legge,  dalla banca, eventualmente facendosi aiutare da un esperto.

Un altro esempio chiarificatore.  Un amico mi chiede che cosa ne penso di un’ obbligazione  emessa in questi giorni (dicembre 2012) da una banca italiana; si tratta di   titolo senior  (non subordinato) a due anni,  tasso fisso 3%. E’ vero che il  titolo di stato di analoga durata rende  circa un punto di meno (giustamente, essendo meno rischioso); andrebbe  pero’ aggiunto  che   esiste, quotato su borsa italiana, un titolo della stessa banca , con grosso modo la stessa scadenza,  provvisto di cedola annuale al 3,875, che  in questo momento si puo comprare a  100, e anche qualcosina  di meno.

Ma in banca non possono dirvelo, perche’ devono piazzare la nuova emissione.

 

 

 



[1] Quaderni di Finanza n.67, luglio 2010

[2] Personalmente consiglio di avvalersi di banche on line, tendenzialmente piu’ economiche, che in alcuni casi offrono gratuitamente questo servizio.

[3] Milano, 28 giugno 2010