Nella vita ci sono cose peggiori della morte. Avete mai passato una serata con un agente delle assicurazioni? (Woody Allen)
Esistono svariate tipologie di polizze: molte hanno una funzione strettamente assicurativa , vale a dire servono a cautelarsi verso accadimenti poco probabili, ma di alto impatto [1] (esempio: la morte precoce di un giovane padre di famiglia); altri hanno invece una valenza prettamente finanziaria ( si tratta di risparmi investiti e riscossi a una certa scadenza) .
La fattispecie che piu’ ci interessa e’ la polizza vita, per la precisione suddivisa in tre tipologie:
• le assicurazione per il caso di morte
• le assicurazione per il caso di vita
• le assicurazioni miste.
A queste polizze di base possono aggiungersi prestazioni supplementari, come ad esempio una polizza infortuni.
Va tenuto conto, pero’, che ad ogni prestazione assicurativa corrisponde una parte del premio[2] annuale versato dall’assicurato; per cui maggiore è il numero delle prestazioni incluse nella polizza vita, minore è la quota di premio annuo riservata a ciascuna di esse, e quindi anche la relativa copertura.
La polizza caso morte
L’impresa assicuratrice si impegna, per la durata del contratto, a pagare un determinato importo nel caso di decesso dell’assicurato. Questa polizza è stipulata solitamente a favore dei familiari. Ne esistono due tipologie:
• temporanea caso morte: l’impresa assicuratrice è tenuta a pagare in caso di morte dell’assicurato durante il periodo stabilito nel contratto;
• assicurazione a vita intera: l’impresa assicuratrice si impegna a pagare alla data del decesso dell’assicurato, in qualunque momento esso avvenga.
Queste polizze, dunque, si risolvono alla morte dell’assicurato (o comunque alla scadenza del contratto), senza possibilita’ di recuperare i premi versati, se l’evento non si verifica nel periodo considerato.
La polizza caso vita
L’impresa assicuratrice si impegna a pagare una rendita, o un capitale, in caso di sopravvivenza dell’assicurato al momento stabilito nel contratto. La rendita può essere erogata fino a quando l’assicurato è in vita, oppure per un periodo di tempo convenuto. Questa polizza è, a ben vedere, nient’altro che una forma di investimento e non ha nulla a che vedere con la copertura assicurativa contro un determinato rischio (assicurazione in senso stretto).
Le polizze miste
L’impresa assicuratrice si impegna a pagare una rendita, o un capitale, sia in caso di sopravvivenza dell’assicurato alla scadenza del contratto, sia in caso di morte prima di tale scadenza. In questa seconda ipotesi, i beneficiari hanno diritto a riscuotere il capitale dall’impresa assicuratrice al verificarsi dell’evento luttuoso. Tuttavia si può anche far proseguire il contratto, senza obbligo di pagamento di ulteriori premi, fino alla naturale scadenza e disporre che il capitale venga versato ai beneficiari solo al momento convenuto (scadenza del contratto).
In generale e’ sempre meglio tenere separata la polizza caso morte (copertura di un rischio) dalla polizza caso vita (forma di investimento). Questa modalita’ garantisce maggiore flessibilità, rendimenti più elevati e una migliore copertura assicurativa.
Le polizze vita rivalutabili (c.d. gestioni separate)
Nel caso delle assicurazioni rivalutabili, il premio versato viene investito in un fondo appositamente creato dalla compagnia e gestito separatamente rispetto al patrimonio dell’impresa (gestioni separate). Dal rendimento ottenuto con il fondo deriva la rivalutazione annua del capitale per il cliente. Alcuni di questi contratti possono prevedere un rendimento minimo garantito, ma sostanzialmente hanno un rendimento conseguente agli investimenti effettuati.
Diversi analisti indipendenti, Beppe Scienza[3] in primis, hanno dimostrato che questi prodotti, salvo rare eccezioni, sono poco efficienti. Ciò è confermato anche dalla mia esperienza personale, avendo constatato che moltissimi prodotti, dopo molti anni di versamenti, risultano tutt’altro che redditizi.
Infatti all’atto della stipula di una polizza rivalutabile viene fornita all’assicurato una “ipotesi di rendimento finanziario” che rappresenta, per l’appunto, un dato puramente previsionale sull’andamento del mercato e non certo una garanzia di rendimento!
Molti investitori, alla scadenza del contratto, ricevono una somma di pochissimo superiore all’importo del premio, altri non riescono neppure a recuperare l’intero capitale versato. Ciò si deve principalmente ai costi di gestione che incidono su investimento effettuati ( in genere comunissimi titoli di stato).
I venditori pongono in risalto che le polizze vita sono impignorabili, insequestrabili e non soggette alla tassa di successione. Tutte qualita’ in genere insignificanti per la grande massa dei risparmiatori.
Anche il fatto di risparmiare l’imposta di bollo dello 0,15% e’ del tutto marginale, a fronte dei notevoli costi applicati, sia all’inizio che durante la gestione, in particolare:
Caricamenti iniziali. Circa l’80% dei contratti in commercio prevede l’applicazione di costi di ingresso tra il 2 e il 2,5%.
Commissioni di gestione. Ogni anno la compagnia trattiene una percentuale della rivalutazione della gestione separata girando al cliente circa l’1-1,5% in meno. Considerando che nel 2012 le polizze vita hanno reso il 3,9 % in media, il risultato reale per l’investitore e’ intorno al 2,5%. [4]
Costi di riscatto. La liquidazione anticipata dell’assicurazione implica penali a carico del contraente. Perciò questa decisione va ponderata con molta attenzione, comportando una ulteriore riduzione del rendimento.
Tutto questo a fronte di investimenti effettuati per la maggior parte in titoli di stato[5], strumenti che l’investitore potrebbe agevolmente acquistare direttamente, risparmiando un mare di commissioni…
Assicurazioni “index linked” e “unit linked”
Nel caso delle polizze “unit linked” il premio pagato all’ impresa assicuratrice viene convertito in quote di un fondo comune di investimento. I limiti di questo strumento sono quindi del tutto analoghi a quelli dei fondi comuni di investimento (ai quali si rimanda), con l’aggiunta di ulteriori costi. L’assicurato ha la possibilità di trasferire da un fondo a un altro il capitale accumulato, per esempio da azionario a obbligazionario; per questa operazione, detta “switch”, l’impresa può chiedere il pagamento di una commissione.
Il rendimento delle polizze “index linked” dipende dal valore di un indice finanziario. Per esempio il mitico indice Dow Jones o il giapponese Nikkei.
A meno che l’impresa assicuratrice non fornisca esplicite garanzie, l’intero rischio finanziario, determinato dall’andamento dei mercati azionari, è a carico dell’assicurato e può comportare perdite anche consistenti, come si e’ verificato in occasioni dei crolli dei mercati azionari.
Anche in questo caso, ammesso e non concesso che per un risparmiatore sia opportuno investire sulla borsa giapponese, perche’ non farlo con un semplice Etf, eliminando una pletora di commissioni ?
Per valutare concretamente un prodotto unit o index linked occorre considerare non solo i caricamenti a copertura delle spese di gestione, ma anche le commissioni eventualmente previste. Caricamenti e commissioni sono trattenuti dall’impresa assicuratrice direttamente dai premi versati, diminuendo l’importo della somma concretamente investita.
Per esempio, a fronte di un investimento di 1.000 euro, se i caricamenti e le commissioni ammontano a 100 euro, l’importo effettivamente versato nel fondo sarà pari a 900 euro, e solo su tale importo matureranno i frutti dell’investimento. Spesso le imprese assicuratrici rinunciano al caricamento, ma in compenso applicano commissioni più elevate.
Tralascio poi i casi piu’ eclatanti, legati alla vendita di polizze da parte di una compagnia assicurativa, ma garantite da un terzo (che in alcuni casi sfortunati, si e’ rivelato essere Lehman Brothers o l’islandese Landbanki ), comportando non pochi problemi per i risparmiatori coinvolti.
[1] Dal punto di vista finanziario le assicurazioni sono il corrispettivo speculare del gioco d’azzardo: in entrambi i casi si investe su avvenimenti poco probabili. Con la differenza che in un caso ci si protegge da un accadimento nefasto, nell’altro si spera che l’avvenimento raro si verifichi .
[2] Il premio è il prezzo pagato dal contraente per un contratto di assicurazione. Esso comprende il premio puro, i costi della compagnia (caricamenti), i costi per prestazioni accessorie e le imposte. La modalità di pagamento è stabilita nel contratto: può trattarsi di un premio unico (versato all’inizio del contratto) o di un premio periodico. Il premio annuo può essere frazionato in più rate. Il frazionamento comporta quasi sempre una maggiorazione dei costi, a volte anche piuttosto onerosa.
[3] Beppe Scienza, Il risparmio tradito, Edizioni Libreria Cortina
[4] Plus – Il Sole 24 Ore del 30 marzo 2013
[5] Per la verita’ questi prodotti sono abbastanza “opachi”, le compagnie assicurative non comunicano l’elenco preciso dei titoli presenti in portafoglio; da qui le critiche da parte del Prof. Beppe Scienza