vendere il btp a 130 ?

Anziche’  l’usuale commento borsistico ritengo opportune alcune considerazioni sul reddito fisso. La situazione creata dagli interventi della Banca Centrale apre scenari inesplorati. Recentemente ho scritto a un quotidiano economico:

Gentile Direttore,

Le scrivo su un argomento, quello delle plusvalenze latenti sui btp, che ritengo importante. L’occasione nasce dalla lettera  di un risparmiatore  (pubblicata sul Suo giornale  il 25 aprile) che chiede se il rendimento del  Btp 2026 sia 0,94%, come dice il promotore, o  4 %  corrispondente alla  cedola.

Siccome e’ in una situazione molto comune, e diversi amici che mi hanno chiesto un parere, riporto quanto detto loro, perche’  molte analisi  sono un po’ criptiche e molte  altre – come percepito dal lettore – “interessate”.

Si e’ comprato questo titolo a 100, per avere un rendimento del 4% annuo.

Vendendo  in questo momento, il  rendimento conseguito sarebbe del 10% annuo (al 4% delle  cedole si aggiunge una ricca  plusvalenza).

Tuttavia i tassi di mercato sono allo “zero virgola “ , per cui se reinvestissimo  questo  capitale (130),  avremmo  un rendimento molto basso,  portando quello  complessivo  a termine  (2026) non distante dal  4% originale .

Sono le leggi del mercato.  I rendimenti nominali dei diversi titoli vengono  livellati, dal punto di vista reale, dai movimenti in conto capitale.

Questa e’ la fotografia della situazione per i “cassettisti”, vale a dire per coloro  che comprano i titoli e li tengono fino a scadenza.

Diversa e’ l’ operativita’ per coloro che gestiscono “dinamicamente”, facendo ipotesi sugli andamenti futuri dei tassi. Per esempio, il risparmiatore in questione   ha comprato questo titolo a 100 nel 2010, ma pochi mesi dopo poteva comprarlo a 75 (perche’ i tassi erano enormemente saliti per le note vicende…), oggi puo’ vendere a 130 … (grazie a una riduzione  dei tassi inaudita). Domani… chi lo sa’ ?

Se si ipotizza che i tassi non abbiano ulteriori spazi di discesa, meglio liquidare almeno in parte le posizioni,  parcheggiando il ricavato su conti di deposito.

Se  si ipotizza che nei prossimi dieci anni i tassi possano risalire, conviene puntare su titoli a tasso variabile.

Se si ipotizza la crescita dell’inflazione, la soluzione e’  comprare  titoli indicizzati (es. btp Italia)

Questo se, correttamente, si rimane nella gestione obbligazionaria. Ovviamente differente e’ il discorso dell’ asset allocation complessiva, in cui si  inseriscono valutazioni relative all’azionario, alle materie prime  o alla diversificazione valutaria  (e alla correlazione tra le  diverse classi di attivita’), ma esula da questo ragionamento.

Come sempre un grafico vale piu’ di molte parole …

btp